Gianni Mandolesi Racconti e storie di un personaggio riminese

IL Personaggio  Il Ricordo  Racconti  Gallery

 <<  Viaggio eno-gastronomico in Sicilia

 

Su quel viaggio nel 1975 in Sicilia di voci ne ho raccolte tante ma qui vi voglio raccontare, per testimonianza resami da Geppe e Renato, ciò che accadde. Partono in moto Gianni, Geppe e Renato diretti a Mazara del Vallo, ospiti in un piccolo erigendo rustico di campagna appartenente a un certo Gaspare, conosciuto da Geppe all’università.
Lungo il percorso avvengono molte soste per fare il pieno di vino e benzina.
Gianni, durante il viaggio, soffrendo di emorroidi, avverte la necessità di spalmarsi il suo personale unguento (a suo dire, confezionato personalmente per lui dal Dr. Bertolotti) e così, durante una sosta in un grill dell’autostrada, si avvia alla toilette per lavare la parte dolorante ed applicare l’unguento; Geppe e Renato pronti per riprendere il viaggio l’attendono a cavallo delle loro moto.
Di lì a poco esce un tale dal servizio e avverte gli amici che Gianni è a bagno col deretano nel lavandino e non riesce ad uscirne.
I due entrano e vedono Gianni col culo dentro lavandino agitare le corte zampette sporgenti, non riuscendo a rimetterle a terra.
Lo Tirano fuori spanciandosi dalle risate. 
Con bestemmie che incendiano l’aria, il nostro asciuga la parte e la unge abbondantemente, prima di rimontare in sella.

 

I nostri eroi, arrivati finalmente sulla terra di Sicilia, visto il caldo infernale che fa, non trovano di meglio che spogliarsi completamente nudi e continuare per un lungo tratto.
Un’auto decapottabile rossa che li incrocia, alla vista, sbanda e finisce in un fosso.

Qui termina la testimonianza oculare di Geppe e Renato e incomincia quella che, a suo tempo, mi fece Gianni:

<<Arrivati di prima sera, all’ingresso della tenuta di 732 ettari ci viene incontro Don Calogero, padre del nostro ospite e, dato che nella masseria non sono ammessi mezzi a motore di alcun genere tranne quelli per lavorare la terra, ci fa lasciare le moto e salire sulla sua carrozza.
L’uomo veste un elegantissimo completo gessato a fondo marrone, dai taschini del panciotto sporgono due catenelle d’oro aggangiate ad altrettanti cipolloni d’oro, l’uno recante l’ora solare, l’altro l’ora legale.
La carrozza è nera, ornata con vari stemmi del casato in oro, trainata da quattro cavalli neri e addobbata all’interno con velluto rosso e pizzi. Lungo l’interminabile percorso (un’ora e quarantatré minuti) che porta alla Villa, scorgo innumerevoli fontane zampillanti e sculture marmoree raffiguranti vari dei greci e romani.
Giunti alla Villa, principesca in ogni suo aspetto, scendo dalla vettura e sto per allungare 5.000 lire di mancia al postiglione ma Don Calogero mi blocca, tira fuori da un suo antico e pregiato borsellino 100 lire e porgendole all’uomo con disprezzo mi sussurra: “Abbastano e avanzano!”.
Il cocchiere fugge via di corsa frustando a sangue i poveri e incolpevoli cavalli>>.

Sentiti i compagni di viaggio Geppe e Renato, mi confermano che il racconto di Gianni, manipolate altre vicende, è tutto rigorisamente falso!

c.f.