Gianni Mandolesi Racconti e storie di un personaggio riminese

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Siamo a fine anni ’70 a Cortina, Gianni, Giulietto (Spranghina) e Giorgio Bartolini passeggiano per Corso Italia quando incontrano Elio tutto trafelato che racconta loro dell’improvviso malore che ha colto la sua ragazza; è disperato perché i medici del Codivilla non gli permettono di vederla.
Gianni, non si perde d’animo, dice solo: “Ci penso io!” e i quattro s’incamminano per l’ospedale.
Giunti sul posto, Gianni si presenta al reparto chiedendo di vedere la giovane: “Sono il Barone Gustav von Aschenbach, sono un medico e desidero vedere mia nipote”.

La caposala riferisce che la ragazza è in rianimazione e nessuno può vederla.
Gianni insiste e in quel frangente giunge il primario; la donna gli spiega la cosa.
Il professore, dopo un istante di esitazione, ordina un camice per il collega e i due entrano in rianimazione.
Quando escono Gianni riferisce che, sbirciata la cartella clinica appesa alla spalliera inferiore del letto, ha visitato la paziente e pronunciato la sua diagnosi, ricevendo i complimenti del primario.
A Elio dice di stare tranquillo, la ragazza è vigile, il decorso positivo e fra pochi giorni sarà a casa.

Probabilmente quel primario aveva letto in gioventù Morte a Venezia di Thomas Mann e quel nome: von Aschenbach, gli era rimasto negli oscuri meandri della memoria, associandolo impropriamente a un certo luminare della medicina che aveva un nome molto simile.

c.f.