Gianni, dai tanti appellativi (bugia, mandolino, vinù, vinolesi...) e insistente fino allo sfinimento, come fece con Sonia Anspach Valli, riuscì a farsi donare l'opera sottostante; l'esempio lampante è ciò che scrive l'autore, che si firma, sul retro del quadro:
Proibisco la vendita di quest’opera - Giorgio Benedettini -
...dopo un martello impressionante che solo “Mandolin” può fare
dedico questo quadro con amicizia all’unico GIANNI
Maurizio Squadrani: "Ho assistito ad un duello fantastico a suon di pernacchie (sordini) tra Gianni e Carlini (cravatte) ...Gianni dal suo negozio e Carlini dalla bancarella all'inizio dei portici (farmacia Dupré)".
"Una scena felliniana!".
Per chi non ricordasse, lo scrivente può aggiungere che Carlini era un signore dall'aspetto ben curato e distinto; stazionava sempre davanti a detta farmacia e metteva in mostra un vasto assortimento di cravatte sgargianti che vendeva per pochi spiccioli, ma anche Gianni col suo "Lord Brummel" vendeva cravatte di gran marca!
Al prezzo di una delle sue ne compravi dieci dal Carlini, quindi va da sé che ci fosse una certa rivalità.
Ve lo immaginate quale dialogo fra i due?
"Brutto ladro d'un negoziante!"
"Brutto grezzo d'un ambulante, tu e le tue cravatte di merda!"
e giù sordini e pernacchioni a volontà!
Augusto Farneti, grande appassionato di moto, viene a sapere da Paolo Mazzocchi, coiffeur in Rimini Piazza Matteotti (già Castelfidardo), dell’esistenza di un originale personaggio riminese che utilizzava una vecchia Guzzi Sport 15 per i suoi normali spostamenti in città e fuori, e che anni addietro usava niente meno che una Indian del 1925.
Fu così che Gianni nel 1977 fu eletto per acclamazione 1° Presidende de "Il Velocifero", sez. moto d'epoca in seno al Moto Club di Rimini, campando di rendita di posizione ben oltre i tre anni di carica previsti dal regolamento.
Infatti, fu per tale funzione che conobbe tutti quei giovani birichini che amavano le moto, facendone i suoi fedeli discepoli.
E per finire vi racconto la mia.
Quando Gianni giocava a carte, non taceva un istante, anche quando era fuori mano, sembrava che stesse giocando sempre a briscola,
gioco in cui puoi parlare e dire bugie.
Sotto le feste di Natale, un giorno alla Taverna degli Artisti, feci un tre e trentuno in coppia con lui e ci giocammo il classico panettone.
A guardarci si erano radunate una decina di persone che si sganasciavano dal ridere, mentre Nadi ci lanciava occhiate a dir poco velenose.
Finché giocammo a briscola tutto bene, perché la bugia gli era congeniale e pur conoscendolo gli avversari ci cascavano sempre,
ma quando passammo al tresette, fu un dramma:
“Busso, lungo una muraglia cinese!” voleva dire che volava;
“Volo!” significava che ne aveva almeno quattro o cinque di quel seme e via con amenità del genere…
Mi disorientò più di una volta e andammo sotto di molti punti; litigammo, ma fortunatamente quel giorno la dea bendata era dalla nostra parte e vincemmo, grazie a Gianni che nella mano decisiva accusò nove punti.
Vi risparmio gli improperi diretti ai nostri antagonisti che farebbero impallidire uno scaricatore di porto.
Al termine della partita, brandendo il suo panettone, come fosse una coppa e levandolo al cielo, disse:
“Visto come si fa?
Impara a giocare brutto grezzo che non sei altro!”.
c.f.